Gaio Giulio Cesare Ottaviano, Augusto (prima parte)
Quest'anno corre il bimillenario della morte di uno dei principali protagonisti della storia di Roma, una delle figure chiave di quella Repubblica ormai morente e che si affacciava all'impero, o meglio, al principato. Gaio Ottavio racchiude in sé tutti gli elementi di una grande figura storica: abilità politiche, la capacità di sapersi imporre in una situazione potenzialmente pericolosa e rovesciarla a proprio vantaggio, vittorie militari (sebbene frutto del genio militare e strategico di Agrippa), grandi innovazioni e anche molti lati oscuri. Gaio Giulio Cesare fu il primo princeps di Roma, chiudendo per sempre con il passato repubblicano tanto difeso dai Cesaricidi.
Il futuro Augusto nacque il 31 a.C. da una nipote di Cesare, Azia. La sua facoltosa famiglia apparteneva al ceto equestre (la società romana era infatti divisa all'epoca in tre grandi classi sociali, senatori, cavalieri e poi il popolo) ma presto la responsabilità dei figli ricadde sulla sola madre. Ottaviano era un giovane brillante e promettente, ma con una salute cagionevole che lo attanagliò per tutta la vita. Da subito posto sotto l'ala protettiva di Cesare, che non aveva eredi maschi diretti (se escludiamo la presunta paternità di Bruto, figlio della sua storica amante Servilia), Ottaviano lo accompagnò nel trionfo ottenuto dopo la vittoria sui Pompeiani nel 46 a.C. e fu ad appena 18 anni che fece il suo ingresso nella scena politica della penisola: nel 44 a.C. si trovava sull'altra sponda dell'Adriatico ad attendere l'arrivo di Cesare per l'imminente campagna contro i Parti. Cesare non arrivò mai, perito nella congiura delle idi di Marzo. Ottaviano si precipitò a Roma accompagnato dall'amico Marco Vipsanio Agrippa e nessuno diede credito a quel ragazzo malaticcio, troppo giovane per rappresentare una minaccia.
Le cose cambiarono quando venne letto il testamento di Cesare. Ottaviano era riconosciuto come figlio e quindi erede diretto, scavalcando soprattutto Marco Antonio. Contro il parere della famiglia accettò questo gravoso riconoscimento e si mise subito alla guida di un partito per vendicare la morte di Cesare, approfittando del vuoto di potere creatosi tra i congiurati immediatamente dopo l'assassinio; farsi accettare da Antonio fu molto dura, e i due finirono per scontrarsi nella battaglia di Mutina nel 43 a.C. Il senato riconobbe ad Ottaviano poteri e incarichi straordinari (soprattutto per la giovane età) e Antonio fu sconfitto, riparando in Gallia. I due scesero a patti nel novembre dello stesso anno contro il senato, ancora ostile ad Ottaviano; con la partecipazione di Lepido formarono il secondo triumvirato e Ottaviano dall'anno successivo poté fregiarsi del titolo di "figlio di un dio", dato che Cesare era stato riconosciuto come divus. I triumviri sconfissero i Cesaricidi Bruto e Cassio nella battaglia di Filippi nel 42 ma il ruolo di Ottaviano fu secondario dato le precarie condizioni di salute. La spartizione dell'impero vide il futuro sorridere nuovamente all'erede di Cesare: Antonio si fece assegnare l'Oriente, ad Ottaviano spettò l'Italia e qui poté cominciare a gettare le basi del suo potere. Dopo la battaglia di Perugia contro il fratello di Antonio, Lucio, Ottaviano era quasi senza nemici sul suolo italico. Sposò la sorella di Sesto Pompeo, Scribonia, per assicurarsi il suo appoggio, ma il matrimonio fallì poco dopo.
Riconciliatosi con Antonio e la sua famiglia, Ottaviano annesse al suo controllo anche le province occidentali e lasciò l'Africa a Lepido e l'Oriente ad Antonio; l'alleanza fu sancita con il matrimonio di Antonio con Ottavia, la sorella di Ottaviano, ma il clima precipitò quando Antonio incontrò ad Alessandria la seconda amante di Cesare, Cleopatra. Antonio si lasciò affascinare dalla regina e dedicava sempre meno tempo agli affari politici. Nel 37, tuttavia, Antonio e Ottaviano strinsero un nuovo patto e si dedicarono a sconfiggere definitivamente Sesto Pompeo, eliminando dal triumvirato lo scomodo Lepido, che si era opposto al dilagare del potere di Ottaviano in Occidente. Era chiaro che Ottaviano non si sarebbe fermato al solo Occidente. Secondo Tacito, egli avrebbe tanto concesso ai suoi alleati solo per poi condurli nel pieno della rovina. Cominciò a fregiarsi del titolo di imperator e pacificò il confine nord-orientale dell'Italia con vittoriose campagne militari, ingraziandosi il popolo con opere architettoniche per mano di Agrippa. Antonio era lontano, assorto nei fasti orientali, e Ottaviano aveva campo libero.
La frattura avvenne nel 32 a.C., quando il triumvirato finì e Ottaviano non volle ripristinarlo. Antonio ripudiò allora Ottavia, che per amor suo aveva cresciuto i figli avuti dalla moglie precedente Fulvia,e si rifiutò di vederla quando ella lo raggiunse ad Alessandria. Rimproverò anche Ottaviano per i mancati aiuti alla sua fallita spedizione partica, due anni prima. Era l'occasione che Ottaviano aspettava: poiché l'idea di una nuova guerra civile non sarebbe stata accettata, egli dichiarò guerra a Cleopatra, colei che aveva allontanato Antonio dalla sua patria e gli aveva fatto ripudiare la legittima consorte. Erano trascorsi molti anni, Antonio e Cleopatra avevano avuto dei figli e il loro legame era sempre più forte. Nel 31 a.C. schierarono la loro flotta e le due parti si scontrarono ad Azio, dove il genio militare di Agrippa brillò ancora. I due amanti ripararono in Egitto e lì si suicidarono per non cadere vivi nelle mani di Ottaviano. Ottaviano allora completò la sua opera di accerchiamento del potere: fece uccidere Cesarione, il figlio di Cleopatra avuto da Cesare, e si annesse l'Egitto come possedimento personale. Ormai era il padrone indiscusso di Roma e dei suoi territori.
Fonti:
Augusto Fraschetti, "Roma e il Principe", edizioni Laterza, 1990
Augusto Fraschetti, "Storia di Roma", edizioni Del Prisma, Catania, 2003
Michael Grant, "Gli imperatori Romani", Newton Compton editori, Roma, 1984
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