Recensione "La morte nera. Storia di un'epidemia che devastò l'Europa nel Trecento" di John Hatcher.

Ho letto questo libro lo scorso anno e soltanto ora mi rendo conto di non averlo ancora recensito. L'argomento non è dei più felici quindi se siete impressionabili tappatevi le orecchie. Oggi si parla di peste, un flagello che ha colpito l'umanità nei secoli addietro con una crudezza silenziosa, ma letale. Il libro di John Hatcher ci riporta indietro nell'Europa del Trecento, un'Europa che si sta avviando verso l'età moderna ma ancora fortemente legata al mondo tipicamente medioevale, un'Europa in transizione, che senza l'epidemia probabilmente non sarebbe diventata ciò che oggi leggiamo nei libri di storia. Il contagio, infatti, distrusse la società d'allora e ne creò una completamente nuova. 
Studiando le vicissitudini di un piccolo paesino di Walsham nel Suffolk, Inghilterra, John Hatcher traccia le linee - locali e mondiali - della portata del contagio, dal 1347 in avanti; la sua indagine viene portata avanti da un personaggio fittizio, Master John, che analizzando svariate figure del villaggio porta questo libro a metà tra il saggio storico e il romanzo. Per quanto l'argomento lo permetta, una lettura stuzzicante e molto piacevole. 

La peste giunse in Europa dall'Asia, e tra il 1346 e il 1353 colpì tutta questa porzione di continente. La popolazione era inerme, povera o ricca, e impreparata. Nessuno si aspettava una nuova epidemia, dato che l'ultima volta la peste si era affacciata in Europa nel V secolo d.C. Il contagio si abbatté sulle coste italiane (precisamente siciliane) portate da dei commercianti genovesi in fuga da Caffa in Crimea e fu favorito dalla crescita demografia avvenuta tra il 900 e il 1300, con l'allargarsi delle città; a dire il vero, gli anni precedenti allo scoppiare dell'epidemia non erano stati dei più felici, tra carestie e malattie di vario tipo. Il batterio Yersinia Pestis giunse cullato dalle navi europee e una volta sceso a bordo, iniziò la sua operazione letale, dirigendosi poi verso Nord: oggi sappiamo che il vettore della peste è il morso della pulce che alberga sui topi, ma all'epoca nessuno riusciva a trovare la causa del contagio. Si accusarono gli ebrei, le streghe, si fecero processioni religiose per invocare l'aiuto divino, ma nulla accadde. Molti furono anche quelli che decisero di vivere la vita minuto per minuto, sperperando denari in taverne e bordelli. 
Le pessime condizioni igieniche delle città (delle vere e proprie fogne a cielo aperto), la cattiva igiene personale e delle abitazioni, il contatto prolungato con gli animali e le arretrate conoscenze mediche favorirono l'epidemia e furono fattori da non sottovalutare. Era un mondo dove ci si lavava poco perché si credeva che il lavaggio potesse veicolare malattie (o, forse, perché la Chiesa degli esordi andò a predicare contro la cura del corpo tipica del mondo romano, definita immorale?), dove le case erano spesso sudicie e dove i topi potevano scorrazzare  liberamente. 

La manifestazione del morbo avveniva, normalmente, tra i 2 e i 7 giorni e non lasciava scampo. Al giorno d'oggi si conoscono tre forme di peste (bubbonica, polmonare  e setticemica) ma fu la prima a mietere vittime: i bubboni non erano altro che linfonodi gonfiati, purulenti e dolorosi, spesso accompagnati da febbre alta e deliri. I medici fuggivano perché incapaci di capire le ragioni del morbo. Le conseguenze furono devastanti: il numero dei morti era talmente alto che non si riusciva a dare a tutti una degna sepoltura, spesso senza estrema unzione, e s'iniziò presto a seppellire i cadaveri in fosse comuni. Il mondo sembrava davvero piombato nel caos. 
Tuttavia, a lungo termine, la peste ebbe degli effetti positivi: il numero degli operai era diminuito, la manodopera era rara e ricercata, e gli uomini ne approfittarono per chiedere salari più alti; in molti divennero proprietari di terreni lasciati incolti o sfitti, qualcosa insomma si mosse in una società immobile da secoli. Chi era sopravvissuto (gli immuni o i superstiti furono molto pochi) dovette aspettare molto tempo prima di riprendere la normale routine quotidiana: era un mondo nuovo, uno scenario diremmo oggi post-apocalittico, un mondo che andava ricostruito da zero. 

Se volete conoscere le radici dell'Europa moderna, non potete ignorare la peste. Non potete ignorare neppure le sue manifestazioni successive, basti pensare alla famosa epidemia del 1630 che colpì l'Italia e che è stata immortalata per sempre dal nostro Manzoni. 

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